Published On: Luglio 18th, 2025 / Views: 16 / 50,1 min read / 0 Comments on Tipologie di celle di carico /

Una cella di carico è un trasduttore utilizzato per misurare forze o pesi convertendoli in un segnale (generalmente elettrico) proporzionale alla forza applicata. In ambito industriale, le celle di carico costituiscono il cuore di sistemi di pesatura e controllo, grazie alla loro precisione e affidabilità. Nel corso degli anni si sono sviluppate numerose tipologie di celle di carico, classificabili sia per tecnologia di rilevamento (analogiche vs digitali, estensimetriche, idrauliche, pneumatiche, ecc.) sia per la modalità con cui la forza viene applicata e misurata (compressione, trazione, flessione, taglio, ecc.). In questo articolo, rivolto a tecnici, ingegneri e manutentori, verranno esaminate in dettaglio le diverse tipologie di celle di carico e i relativi principi di funzionamento, i fattori tecnici da considerare nella scelta, gli errori comuni da evitare nell’installazione e utilizzo, con un focus sulle applicazioni in ambienti industriali gravosi (ad esempio nel settore siderurgico). Infine, verranno confrontati i pro e contro delle varie tecnologie, evidenziandone i benefici economici e funzionali.

Celle di carico estensimetriche (analogiche)

Le celle di carico estensimetriche (a strain gauge) sono di gran lunga le più diffuse nel settore della pesatura industriale. Il loro funzionamento si basa sulla deformazione elastica di un elemento metallico su cui sono applicati sensori a resistenza variabile chiamati estensimetri (strain gauge). In una tipica cella estensimetrica, quattro strain gauge incollati sulla superficie del corpo metallico formano un ponte di Wheatstone: quando la cella viene sottoposta a carico, il corpo si deforma microscopicamente e gli estensimetri si allungano o comprimono, cambiando leggermente la loro resistenza elettrica. Il ponte di Wheatstone converte questa variazione di resistenza in una piccola differenza di potenziale in uscita (dell’ordine di pochi millivolt per volt di alimentazione) proporzionale al carico applicato. Poiché il segnale analogico grezzo è molto basso, esso richiede un’elettronica esterna (indicatore o trasmettitore di peso) che alimenti la cella e amplifichi/converta il segnale per poterlo leggere con precisione.

Le celle estensimetriche offrono un’eccellente accuratezza (errori tipicamente nell’ordine dello 0,03–0,1% del fondo scala) e versatilità, coprendo portate da pochi grammi fino a centinaia di tonnellate. Il loro design può variare per adattarsi al tipo di forza da misurare e all’installazione meccanica richiesta. Di seguito sono elencate le principali forme costruttive delle celle estensimetriche analogiche, con caratteristiche tecniche e applicative:

  • Celle a compressione: sono progettate per lavorare sotto carico compressivo (forza che “schiaccia” la cella). Hanno spesso forma a disco piatto o a colonna cilindrica, e vengono posizionate sotto il componente da pesare (es. una piattaforma, base di un serbatoio o supporto di un silo). Quando il peso preme verticalmente sulla cella, il corpo elastico si accorcia impercettibilmente in altezza e gli estensimetri misurano questa deformazione. Le celle a compressione sono molto utilizzate in ambito industriale per pesare silos, tramogge, serbatoi e piattaforme di pesatura, fino alle pese a ponte per autocarri. Tipicamente includono superfici di carico bombate o piattelli oscillanti per assicurare un’applicazione corretta anche in presenza di lievi disallineamenti. Le capacità vanno da pochi chilogrammi (nelle versioni “a bottone” miniaturizzate) fino a svariate centinaia di tonnellate nelle celle a colonna di grande dimensione. Va notato che le celle a compressione classiche risultano sensibili a carichi laterali o disallineati, che possono introdurre errori o danneggiare la cella; per questo motivo si utilizzano spesso accessori di montaggio (piastre sferiche, vincoli) e si preferiscono, per applicazioni gravose, celle a taglio più insensibili a sollecitazioni trasversali.
  • Celle a trazione: sono progettate per misurare forze di trazione (forze che “tirano” la cella invece di comprimerla). Strutturalmente presentano un corpo allungato con fori o attacchi alle estremità, oppure una caratteristica forma a “S” (le classiche celle a S). Vengono installate in modo che il carico da pesare sia sospeso alla cella anziché appoggiato – ad esempio agganciando la cella tra un gancio superiore ed uno inferiore che reggono il peso. Quando l’oggetto appeso tira la cella, questa si allunga leggermente, e gli estensimetri rilevano la deformazione assiale. Le celle a trazione si usano in gru e carriponte pesatori, dinamometri industriali, bilance a gancio, tramogge sospese e in generale ovunque il peso sia appeso invece che poggiato. Molte celle a trazione a forma di “S” sono in realtà universali, potendo misurare sia trazione che compressione, ma trovano la massima precisione nelle applicazioni di tiro. Questi sensori possono raggiungere portate notevoli (decine di tonnellate nelle gru pese) utilizzando acciai ad alta resistenza. Un caso particolare di cella a trazione è la cella a perno, ovvero un perno strutturale al cui interno sono ricavati gli estensimetri: inserito ad esempio nell’occhiello di una carrucola o nell’asse di un argano, funge da sensore rilevando la tensione nel perno stesso. Le celle a perno sono molto usate per monitorare il carico su funi e ganci senza dover inserire sensori esterni al meccanismo.
  • Celle a flessione (bending beam): sfruttano la flessione di un elemento a mensola quando è applicato un carico perpendicolare. Sono costituite in genere da una barra metallica fissata ad un’estremità e libera dall’altra: il peso applicato sull’estremità libera fa flettere leggermente la barra, creando una deformazione misurabile dagli estensimetri posti in corrispondenza di zone a spessore ridotto (intagli, gole). Le celle a flessione presentano una costruzione semplice e sono molto diffuse per piccoli e medi carichi grazie alla loro elevata sensibilità. Un esempio è la cella single-point (a punto singolo), una cella a flessione progettata per essere montata sotto il piatto di bilance monocarro (ad esempio bilance da banco o bilance conta-pezzi): la sua geometria a parallelogramma compensa i carichi eccentrici, permettendo misurazioni accurate anche se il peso non è perfettamente centrato sul piatto. Le celle single-point, di portata tipicamente da poche decine di grammi fino a qualche centinaio di kg, sono utilizzate in bilance da laboratorio, bilance retail e sistemi di confezionamento. Altre celle a flessione standard (non off-center) possono lavorare in gruppo – ad esempio quattro celle a flessione, una per ogni angolo di una piattaforma – per creare una bilancia a piattaforma di maggior portata. In tal caso è necessaria una cassetta di giunzione per sommare i segnali e una calibrazione accurata per equalizzare l’uscita di ciascuna cella (vedi più avanti).
  • Celle a taglio (shear beam): simili alle celle a flessione ma progettate per misurare la deformazione a taglio anziché la flessione pura dell’elemento elastico. Il corpo ha in genere forma di trave rettangolare con fori passanti che creano una sezione indebolita dove si concentra lo sforzo di taglio. Sotto carico, la trave subisce una lieve distorsione “a taglio” invece di piegarsi nettamente, e gli estensimetri rilevano questa deformazione orizzontale. Le celle a taglio hanno ottima linearità e resistenza ai carichi laterali, risultando tra le più impiegate in ambito industriale per medie e alte portate. Vengono generalmente montate a sbalzo: un’estremità fissata saldamente alla struttura di supporto, l’altra estremità sotto il piano/carico da pesare. Spesso includono filettature o piastre di montaggio per facilitare l’installazione. Le celle shear beam sono utilizzate in molte piattaforme di pesatura a quattro celle (ogni cella posta sotto un angolo della piattaforma), in sistemi di pesatura di serbatoi e tramogge di medio-grandi dimensioni, pese pallet e bilici industriali. Per carichi molto elevati esistono versioni a doppio taglio (double-ended shear beam), dove la trave è supportata ad entrambe le estremità e caricata al centro: questa geometria simmetrica supporta pesi maggiori con grande accuratezza ed è tipica delle pese a ponte per autocarri e di grossi serbatoi industriali.
  • Celle a torsione (anello): in alcune celle estensimetriche la misura si basa su una deformazione torsionale anziché assiale o flessionale. Ad esempio, le celle a torsione ad anello hanno forma di disco anulare: sotto carico, l’anello viene leggermente torto e speciali estensimetri disposti a cerchio rilevano tale torsione. Questa tecnologia consente sensori estremamente robusti e stabili, con profilo spesso basso e grande insensibilità ai carichi fuori asse. Le celle a torsione trovano impiego in applicazioni gravose e di altissima portata, come pese a ponte stradali/ferroviarie da centinaia di tonnellate e sistemi di pesatura per silos di enorme capacità. Ad esempio, esistono modelli di celle ad anello capaci di misurare oltre 400 tonnellate con un singolo sensore mantenendo accuratezza elevata. Pur rappresentando una nicchia specialistica, le celle a torsione sono preziose quando si richiede massima robustezza e immunità a sollecitazioni non perfettamente assiali.
  • Altre varianti speciali: oltre alle categorie sopra, esistono celle di carico estensimetriche con forme e scopi peculiari. Le celle a colonna ad esempio sono celle a compressione di forma cilindrica (canister) progettate per altissime portate: possono reggere anche 50 tonnellate ciascuna mantenendo classi di accuratezza elevate, tipiche delle pese a ponte e basamenti di grossi serbatoi. Le celle a bottone e a rondella sono piccoli sensori a compressione (tipicamente da pochi chilogrammi fino a qualche centinaio) di forma cilindrica o a disco sottile, impiegati in applicazioni dove serve un sensore molto compatto (es: dispositivi di test, dinamometri portatili). Infine, come già accennato, le celle a perno trovano largo impiego in ambito sollevamento (gru, paranchi) e le celle off-center (single-point) sono onnipresenti nelle bilance commerciali e sistemi di dosaggio di piccola portata. Ciascuna variante è ottimizzata per esigenze specifiche, ma alla base rimane il medesimo principio estensimetrico con uscita analogica in millivolt.

Celle di carico digitali

Le celle di carico digitali rappresentano l’evoluzione tecnologica delle classiche celle analogiche. Dal punto di vista meccanico ed estensimetrico, la cella digitale è del tutto simile a una cella analogica (lo stesso corpo elastico con strain gauge). La differenza risiede nell’elettronica integrata: in una cella digitale il segnale analogico generato dal ponte di Wheatstone viene convertito immediatamente in formato digitale all’interno della cella stessa. In pratica, la cella incorpora un convertitore A/D e un microprocessore che elaborano il segnale e lo trasmettono come valore di peso tramite un’interfaccia digitale (ad esempio RS485, CANopen, Modbus, ecc.). Questo significa che la cella digitale fornisce in uscita direttamente un numero (tipicamente una stringa di dati) invece di un debole segnale in millivolt, eliminando la necessità di un indicatore analogico esterno per la conversione.

I vantaggi immediati di questa architettura riguardano la qualità del segnale e la precisione. Un segnale analogico in mV è suscettibile a disturbi elettromagnetici e degradazione su lunghe distanze, richiedendo cavi schermati e grande attenzione nell’installazione. Al contrario, il segnale digitale (già convertito in numeri) è molto meno sensibile al rumore e può viaggiare su tratte anche lunghe senza perdite di integrità. Inoltre, a parità di cella, l’elettronica integrata consente spesso di ottenere una risoluzione più elevata (divisioni di peso più fini) rispetto all’uscita analogica tradizionale. Alcune celle digitali di alta gamma raggiungono accuratezze e stabilità a lungo termine migliori grazie a compensazioni digitali di fattori come temperatura, creep e linearità. Ciò le rende adatte ad applicazioni che richiedono misure estremamente precise o controlli fini in tempo reale.

Un altro beneficio fondamentale è la diagnostica avanzata e la manutenibilità. Nei sistemi con celle analogiche, un guasto o un malfunzionamento si manifesta con comportamenti anomali (peso instabile, deriva del zero, ecc.), e individuare la cella difettosa richiede test manuali su ogni sensore da parte di un tecnico. In un sistema digitale, invece, il terminale di pesatura può interrogare ciascuna cella individualmente e verificarne lo stato: il sistema è in grado di segnalare immediatamente quale cella presenta un’anomalia o errore (es. sovraccarico, fuori range, errore di comunicazione). Questo significa diagnosi in tempo reale di problemi e possibilità di intervento rapido. Molti sistemi digitali permettono persino il monitoraggio remoto: ad esempio, tramite un software su PC/PLC o via rete, si possono leggere da remoto i parametri di ogni cella e individuare drift o segnali di allerta prima che causino un fermo impianto, pianificando la sostituzione preventiva del sensore guasto. In termini operativi, ciò si traduce in minori tempi di fermo e costi di manutenzione ridotti.

Le celle digitali semplificano anche la gestione di sistemi multicella complessi. In una bilancia a quattro celle analogiche, è necessario che i segnali delle celle siano uniformati (equalizzazione) tramite trimmer o calibratori, in modo che ogni cella “pesi” correttamente la sua porzione di carico. Questo processo è laborioso e va fatto da personale esperto. In un sistema a celle digitali, invece, l’elettronica può compensare automaticamente piccoli disallineamenti: ogni cella trasmette il proprio valore di peso e il terminale può sommare e correggere le differenze senza richiedere regolazioni manuali. Ne risulta una taratura più rapida dell’impianto e una maggiore facilità nell’aggiunta o sostituzione di celle (ognuna avendo la propria calibrazione di fabbrica).

Naturalmente, a fronte di questi vantaggi, le celle di carico digitali presentano anche alcuni svantaggi o limitazioni da valutare. In primis il costo: l’integrazione di componenti elettronici aggiuntivi rende il prezzo di una cella digitale superiore a quello della corrispondente versione analogica. Le celle analogiche sono più semplici (solo parte meccanica + strain gauge) mentre le digitali incorporano ADC, microcontrollore e interfacce: per applicazioni di base con budget limitato, quindi, l’analogico spesso risulta più conveniente. D’altro canto, bisogna considerare il costo totale di proprietà: sistemi digitali possono ripagarsi con il tempo grazie alla riduzione dei fermi e alle minori spese di manutenzione straordinaria. Un’altra considerazione è la compatibilità e standardizzazione: le celle analogiche hanno uscite standard (es. 2 mV/V) compatibili con praticamente qualunque amplificatore/indicatore sul mercato, e celle di diversi produttori possono essere collegate in parallelo senza problemi. Le celle digitali invece comunicano con protocolli specifici (proprietari o standard tipo Modbus), per cui spesso si consiglia di utilizzare celle e indicatori della stessa marca, oppure di assicurarsi che il PLC/strumento supporti quel protocollo. Inoltre, l’installazione di più celle digitali richiede la configurazione di una rete di comunicazione (assegnazione di indirizzi a ciascuna cella, verifica della connessione, ecc.) e un’alimentazione adeguata per l’elettronica di ogni sensore, passaggi inesistenti nelle celle analogiche (che si cablano semplicemente in parallelo). Infine, le celle digitali contengono componenti elettronici che potrebbero limitare l’uso in condizioni estreme: ad esempio temperature fuori dallo zero tecnico o radiazioni elettromagnetiche intensissime possono danneggiare o disturbare la parte digitale più facilmente di quanto non farebbero su un semplice strain gauge analogico. In molti casi questi problemi si mitigano con progettazioni speciali (celle digitali ad alta temperatura, schermature, filtri EMC, ecc.).

In sintesi, le celle analogiche offrono economicità e semplicità, mentre le celle digitali offrono prestazioni e funzionalità avanzate a fronte di un investimento iniziale maggiore. La scelta va fatta considerando le esigenze specifiche: se il sistema di pesatura richiede altissima precisione, diagnostica e integrazione spinta nell’automazione (es. impianti “Industry 4.0”), le celle digitali sono spesso preferibili. Se invece si tratta di un’applicazione standard dove costi contenuti e intercambiabilità sono priorità, le collaudate celle analogiche restano una soluzione affidabile. Va sottolineato come le due tecnologie possano anche coesistere: ad esempio, celle analogiche in zona pericolosa collegate a trasmettitori digitali remoti, oppure sistemi ibridi di upgrade dove si sostituiscono gradualmente celle analogiche con versioni digitali compatibili, sfruttando gli sviluppi futuri di diagnostica da remoto che promettono di ridurre drasticamente i costi di fermo impianto.

Celle di carico idrauliche

Le celle di carico idrauliche misurano il peso sfruttando la variazione di pressione di un fluido in conseguenza di una forza applicata. In una cella idraulica tipica, il carico esercitato preme su un pistone collegato a una camera chiusa contenente un liquido (olio o glicerina); la forza comprime il fluido all’interno di una membrana elastica, generando un aumento di pressione proporzionale al peso. Questa pressione può essere indicata localmente tramite un manometro collegato oppure trasdotta a distanza tramite un tubo o un sensore di pressione. La risposta in pressione di una buona cella idraulica è lineare e relativamente indipendente dalla quantità di fluido o dalle variazioni di temperatura dello stesso. Se installate e calibrate correttamente, le celle idrauliche raggiungono accuratezze nell’ordine dello 0,25% del fondo scala o migliori, un livello adeguato per molte applicazioni di pesatura industriale (serbatoi, sili, veicoli).

Il principale vantaggio di questa tecnologia è l’assenza totale di componenti elettrici o elettronici nel sensore. Ciò rende le celle idrauliche intrinsecamente sicure in ambienti a rischio di esplosione (ATEX) e immuni ai disturbi elettromagnetici. Possono quindi essere utilizzate in condizioni in cui un’estensimetrica standard rischierebbe di essere danneggiata o falsata, ad esempio vicino a forti campi elettromagnetici o in presenza di atmosfere infiammabili. Inoltre, le celle idrauliche non richiedono alimentazione elettrica per funzionare: questa caratteristica le rende ideali per installazioni in luoghi remoti o privi di rete elettrica, dove l’indicazione del peso può avvenire tramite un semplice indicatore idraulico meccanico (come una bilancia analogica a quadrante). Dal punto di vista della robustezza, le celle idrauliche tollerano bene sovraccarichi e urti: l’incompressibilità limitata del fluido funge da “cuscino” che attutisce picchi di carico. Esistono modelli totalmente metallici (senza membrane in gomma) in grado di reggere pressioni molto elevate e quindi carichi enormi – sono state costruite celle idrauliche capaci di misurare fino a 5000 tonnellate su un singolo sensore.

Di contro, gli svantaggi delle celle di carico idrauliche includono il costo e la complessità maggiori rispetto alle celle estensimetriche di pari portata (richiedono un accurato design meccanico a tenuta di fluido, materiali robusti e talvolta sistemi di tubazioni). La risoluzione e sensibilità tipicamente non raggiungono quelle di una buona cella estensimetrica – uno 0,1–0,25% FS di accuratezza è comune, raramente migliore. Inoltre, la presenza di fluido introduce possibili esigenze di manutenzione: perdite dalle guarnizioni, variazione delle proprietà dell’olio con la temperatura e l’invecchiamento, necessità di spurgo dell’aria dal circuito sono fattori da gestire. La velocità di risposta di un sistema idraulico è più lenta: il fluido e i restringimenti nei condotti agiscono da smorzatori, quindi per applicazioni di pesatura dinamica rapida (es. selezionatrici ponderali ad alta velocità) le celle idrauliche non sono indicate. Un altro limite è che le celle idrauliche misurano praticamente solo carichi di compressione: non esistono implementazioni semplici per misurare trazione con un sensore a fluido, per cui la versatilità in termini di modalità di carico è inferiore.

Le applicazioni tipiche delle celle idrauliche sono la pesatura di serbatoi, sili e tramogge, specialmente in ambienti difficili. Ad esempio, in aree esterne remote senza elettricità, si possono installare celle idrauliche sotto un serbatoio e sommare le pressioni in un totalizzatore idraulico per leggere il peso. In siti con pericolo di esplosione (industrie chimiche, depositi di gas) le celle idrauliche offrono una soluzione sicura senza bisogno di barriere o elettronica ATEX. Nelle acciaierie o fonderie col rischio di forti interferenze e temperature elevate, le celle idrauliche possono sopportare meglio il calore radiante e i campi EM rispetto alle celle elettriche (purché la membrana non venga surriscaldata oltre il limite del fluido). Bisogna però tenere presente che la membrana elastomerica impiegata in molte celle idrauliche limita il carico massimo applicabile (circa 70 bar / 1000 psi di pressione, equivalenti a poche centinaia di tonnellate nei modelli standard). Per portate superiori si utilizzano celle con membrana metallica o pistoni multipli, che però aumentano il costo. In sintesi, le celle idrauliche trovano il loro punto di forza in sicurezza e robustezza in ambienti ostili, a scapito di precisione, ingombri e rapidità.

Celle di carico pneumatiche

Le celle di carico pneumatiche utilizzano anch’esse il principio dell’equilibrio di una pressione fluida, ma impiegano aria o gas invece di un liquido. Strutturalmente una cella pneumatica è costituita da una camera in cui il peso applicato tende a comprimere un cuscino d’aria; un regolatore mantiene la pressione interna tale da bilanciare esattamente il carico, spesso sfruttando più stadi di smorzamento per migliorare la stabilità. In altre parole, la cella pneumatica contrasta la forza peso con una contropressione pneumatica regolata: la misura del peso si ottiene leggendo la pressione di equilibrio raggiunta.

Questa tecnologia è stata tradizionalmente impiegata in applicazioni in cui sono fondamentali la sicurezza intrinseca e la pulizia. Non contenendo fluidi liquidi, le celle pneumatiche eliminano completamente il rischio di fuoriuscite che possano contaminare il prodotto o l’ambiente in caso di rottura della cella. Inoltre, come le idrauliche, non hanno circuiti elettrici nel sensore e sono dunque antideflagranti per natura (possono essere usate in zone ATEX senza bisogno di certificazioni elettriche). Un altro vantaggio è la relativa insensibilità alle variazioni di temperatura ambientale: l’aria risente meno del calore rispetto a un liquido confinato, e la presenza di valvole di regolazione rende il sistema capace di compensare espansioni termiche moderate. Le celle pneumatiche sono quindi ideali in settori come quello alimentare, farmaceutico e chimico, dove sia la sicurezza sia l’igiene richiedono di evitare sia componenti elettrici sia fluidi potenzialmente contaminanti.

Di contro, le celle di carico pneumatiche soffrono di alcuni limiti notevoli. Il primo è la risposta relativamente lenta: l’aria compressa richiede un certo tempo per stabilizzarsi alla pressione di equilibrio, specialmente in dispositivi con più camere di smorzamento. Ciò le rende inadatte a misurazioni rapide o per inseguitori di peso dinamici. Inoltre, il funzionamento richiede necessariamente una fonte di aria pulita e secca a pressione costante: la cella deve essere collegata a un impianto pneumatico che fornisce aria (o azoto) filtrata e regolata. Questo significa maggiore complessità impiantistica e manutentiva (compressori, filtri, valvole) rispetto ad altre celle. In ambienti sporchi o umidi i condotti d’aria possono ostruirsi o formare condensa, richiedendo attenzione. Dal punto di vista delle prestazioni, le celle pneumatiche in genere sono usate per pesi relativamente piccoli o medi – ottenere elevata precisione su grandi portate sarebbe complicato (si impiegherebbero pressioni molto alte e componenti di grandi dimensioni). Infatti, spesso la prima camera pneumatica viene dimensionata come camera di tara per compensare il peso proprio o il contenitore, e la seconda fornisce la lettura fine del carico netto. Nonostante questi accorgimenti, la precisione ottenibile da un dispositivo pneumatico difficilmente eguaglia quella di una cella estensimetrica o anche idraulica; tuttavia può essere più che sufficiente per compiti come controllo grossolano di livello, riempimento di silos, ecc.

Applicazioni tipiche delle celle pneumatiche includono bilance nell’industria alimentare (dove la cella può essere lavata e sterilizzata senza timore di perdite d’olio), sistemi di pesatura in ambienti con polveri combustibili o gas (verniciature, impianti farmaceutici, miscelazione solventi) dove l’assenza di parti elettriche elimina il rischio di innesco, e applicazioni di batching in cui un flusso di aria può fungere sia da elemento misuratore sia da attuatore (ad esempio valvole pneumatiche controllate dal peso). In sintesi, le celle pneumatiche offrono massima sicurezza e pulizia, al prezzo di una maggiore lentezza e complessità. Con l’avvento di sistemi elettronici digitali sicuri e celle estensimetriche in acciaio inossidabile, l’uso delle pneumatiche è un po’ calato, ma rimangono insostituibili in alcuni contesti specifici.

Fattori da considerare nella scelta di una cella di carico

Scegliere la cella di carico adatta per una data applicazione industriale richiede la valutazione di molteplici fattori tecnici. Di seguito analizziamo i principali aspetti da considerare in fase di selezione e dimensionamento:

  • Precisione e classe di accuratezza: ogni cella di carico è caratterizzata da specifici errori massimi (non linearità, isteresi, ripetibilità, creep, ecc.) che determinano la sua accuratezza complessiva. Queste sono spesso riassunte in una classe di precisione (es. le classi OIML da C1 a C6 per celle omologate). È importante definire quanta precisione serve: per una pesatura di controllo interno o per materiali a basso valore, potrebbe essere accettabile un errore dell’0,5% o 1% FS, mentre per dosaggi di ingredienti costosi o per transazioni commerciali serviranno celle in classe elevata (ad es. C3 o C6, con errori di 0,02–0,03% FS). Considerare anche se la pesatura sarà statica (più facile ottenere alta precisione) o dinamica (in movimento, dove l’accuratezza effettiva sarà inferiore). In generale, all’aumentare della precisione aumentano i costi, quindi conviene scegliere la classe adeguata all’esigenza senza sovradimensionare inutilmente. Ad esempio, per pesare materiali da costruzione grossolani può bastare una cella classe C1 (errori alcuni decimi di percento), mentre per riempire flaconi farmaceutici servirà magari una C6. Da ricordare infine che la precisione reale di un sistema multi-cella dipenderà anche dall’equalizzazione e dall’elettronica di lettura: è importante allineare le specifiche della cella ai requisiti metrologici complessivi dell’applicazione.
  • Capacità nominale e range di misura: la portata della cella (spesso espressa in kg o t) deve ovviamente coprire il peso massimo da misurare, includendo opportuni margini. È buona prassi prevedere un margine di sicurezza: ad esempio, sovradimensionare di circa il 25–50% il valore rispetto al carico massimo effettivo. Ciò perché in applicazioni reali possono presentarsi sovraccarichi occasionali, urti o carichi non perfettamente distribuiti che sollecitano maggiormente una cella rispetto ad altre. Attenzione però a non esagerare: scegliere una cella con capacità molto superiore al necessario comporta una perdita di sensibilità (il segnale in mV/V sarà sfruttato solo in minima parte, riducendo la risoluzione e aumentando gli errori relativi). Viceversa, una cella troppo piccola lavorerà costantemente vicino al limite e rischierà il sovraccarico e il danneggiamento permanente in caso di picchi. Per sistemi con più celle che dividono il carico, occorre stimare la distribuzione (idealmente uniforme, ma se il carico può essere sbilanciato, una cella potrebbe dover reggere più delle altre). Ad esempio, in una piattaforma a 4 celle, se il carico può essere decentrato, dimensionare le celle come se due di esse dovessero reggere l’intero peso da sole. In sintesi: calcolare il worst case di carico su ogni cella (includendo dinamiche, vento, sismica se rilevante) e scegliere una capacità nominale adeguata, bilanciando sensibilità e robustezza.
  • Influenza della temperatura: le celle di carico sono specificate per un certo intervallo di temperatura operativa (tipicamente -10°C…+40°C per la gamma compensata, e più ampio per quella di utilizzo). La temperatura influisce sia sul materiale elastico (dilatazioni termiche possono alterare la deformazione sotto carico) che sugli estensimetri (la resistenza elettrica varia con T). Celle di qualità incorporano compensazioni che minimizzano l’errore al variare della temperatura entro la gamma specificata (ad esempio errore di zero e di span in %/°C). Se l’applicazione prevede temperature estreme – ad esempio celle vicino a forni, celle installate all’esterno in climi molto freddi o caldi – è cruciale selezionare modelli High Temperature o comunque garantiti per quelle condizioni. Per temperature oltre ~80°C, le normali celle incollate con resina iniziano a perdere accuratezza (l’adesivo degli strain gauge può degradarsi); esistono celle speciali ad alta temperatura con estensimetri saldati o al quarzo per resistere fino a 150°C o più. In caso di escursioni termiche notevoli, attenzione anche agli effetti di condensazione e umidità (vedi grado IP) nonché alla deriva di zero: potrebbe rendersi necessario rifare lo zero della bilancia quando la temperatura cambia molto rispetto alla taratura iniziale. In sintesi, verificare che la “Temperatura compensata” e “Temperatura di utilizzo” dichiarate dal costruttore coprano il range previsto, e valutare celle con compensazioni speciali se il processo lo richiede.
  • Grado di protezione IP e agenti ambientali: la maggior parte delle celle estensimetriche è sigillata per proteggerla da polvere e umidità, ma il grado di protezione IP può variare significativamente. In ambienti interni puliti, una cella IP65 (protetta da polvere e spruzzi) può essere sufficiente, mentre per installazioni all’aperto, in presenza di getti d’acqua, immersione o lavaggi frequenti, serviranno celle IP67, IP68 o addirittura IP69K (resistenti a lavaggi ad alta pressione e temperatura). È importante dunque valutare se la cella sarà esposta alle intemperie, se subirà lavaggi con idropulitrice, se verrà a contatto con sostanze chimiche corrosive o se sarà immersa in un liquido. Ad esempio, in un impianto di betonaggio la cella potrebbe essere esposta a pioggia e fango: meglio usare un modello IP68 ermeticamente saldato. In un’industria alimentare con lavaggi CIP, servirà almeno IP69K in acciaio inox. Oltre all’IP, contano i materiali: celle in acciaio inox offrono resistenza ottima a corrosione e acqua, quelle in acciaio legato nichelato vanno bene in ambienti asciutti o moderatamente umidi (magazzini, pese a ponte standard), mentre quelle in lega di alluminio sono più adatte ad ambienti interni asciutti e per basse portate (sono leggere e economiche, ma meno robuste e meno protette). In ambienti chimicamente aggressivi, occorre verificare la compatibilità del materiale della cella con le sostanze in gioco (ad esempio alcune celle inox possono corrodersi con soluzioni di cloro o acidi particolari, potrebbe servire acciaio speciale rivestito). Riassumendo, scegliere il materiale e l’IP della cella in base all’ambiente: inox IP68/69 per ambienti umidi, corrosivi o con lavaggi; acciaio legato IP65/67 per ambienti industriali normali; alluminio per applicazioni leggere in ambiente controllato.
  • Compatibilità con ambienti gravosi (vibrazioni, urti, interferenze): se la cella di carico sarà installata in un contesto industriale pesante, occorre considerare fattori meccanici ed elettrici esterni che potrebbero influenzare le misure. Vibrazioni continue provenienti da macchinari, motori o passaggio di mezzi possono introdurre rumore nel segnale e oscillazioni nelle letture. In tali casi è consigliabile utilizzare sistemi di filtro (sia a livello elettronico che meccanico, ad es. inserendo supporti antivibranti) e preferire celle meno sensibili ai carichi laterali (le celle a taglio, ad esempio, sono note per la loro insensibilità alle vibrazioni rispetto alle celle a compressione). Urti e shock: se il sistema di pesatura può subire impatti (immaginiamo un carrello elevatore che colpisce una piattaforma, o materiali gettati bruscamente in una tramoggia) bisogna prevedere celle robuste e magari aggiungere limitatori meccanici di corsa. Spesso si usano accessori come piastre oscillanti con fermi anti-ribaltamento e finecorsa che proteggono le celle da movimenti eccessivi. Dal punto di vista delle interferenze elettromagnetiche (EMI/RFI), ambienti con forti campi (saldatrici, motori in corrente continua, forni ad induzione) possono indurre disturbi significativi sui cavi delle celle analogiche. In situazioni critiche conviene impiegare celle digitali (meno sensibili al rumore perché il segnale è numerico), oppure curare molto l’impianto analogico: usare cavi schermati e twistati, messa a terra corretta del sistema, passaggio cavi lontano da linee di potenza e inverter. Per linee lunghe, preferire celle a 6 fili (con cavi Sense) che compensano le cadute di tensione, e magari inserire amplificatori di segnale vicino alla cella. Se l’ambiente è estremamente elettricamente rumoroso, valutare soluzioni alternative come celle idrauliche/fiber optic (immuni a EMI). In sintesi, in ambienti industriali gravosi bisogna assicurarsi che la cella scelta resista a sollecitazioni meccaniche straordinarie (vibrazioni, urti, carichi off-axis) e disturbi elettrici: all’occorrenza adottare celle certificate per queste condizioni o implementare contromisure (sovradimensionamento, filtri, schermature).
  • Calibrazione e taratura: un fattore spesso trascurato ma cruciale è la procedura di calibrazione della cella/sistema. Quando si installa una cella nuova, va eseguita la taratura del sistema di pesatura applicando pesi campione noti e registrando/aggiustando l’indicatore per ottenere la correttezza delle letture (calibrazione di zero e span). Celle di alta qualità vengono fornite con certificato di calibrazione individuale in laboratorio, ma comunque l’installazione in situ richiede una calibrazione in loco per tenere conto di leve, attriti e geometrie. Nelle applicazioni legali per commercio, la taratura deve seguire procedure metrologiche ufficiali con pesi certificati. È importante prevedere la ricalibrazione periodica del sistema: col tempo, fattori come creep meccanico, deriva termica o invecchiamento elettronico possono introdurre errori. In impianti ad alta precisione si effettua spesso una ricalibrazione annuale o semestrale, mentre per sistemi a basso rischio si può estendere l’intervallo. Durante la scelta della cella considerare se il produttore fornisce servizi o strumenti per la taratura (ad esempio celle campione, procedure di angolo di carico per bilanciare più celle, ecc.). Inoltre, se si prevede di dover sostituire celle in futuro, può essere comodo usare celle con uscita normalizzata (sensibilità in mV/V calibrata uguale tra celle dello stesso modello) così da rimpiazzarle senza dover ricalibrare l’intero sistema. In generale, la facilità di calibrazione (ad esempio sistemi digitali con auto-calibrazione o angolo digitale) può essere un criterio di scelta importante in impianti con molte celle.
  • Manutenzione e affidabilità a lungo termine: infine, considerare gli aspetti di manutenzione della cella e del sistema di pesatura. Una cella di carico ben dimensionata e installata richiede poca manutenzione, ma in ambienti ostili o in servizio continuo è bene effettuare ispezioni periodiche. Verificare visivamente lo stato della cella e della struttura di montaggio: segni di usura meccanica, corrosione, crepe o deformazioni sono campanelli d’allarme. Controllare i cavi e connettori: col tempo possono subire abrasioni, schiacciamenti o ossidazione dei contatti, portando a letture instabili. Mantenere l’area intorno alla cella pulita da accumuli di polvere, detriti o materiali che possano inceppare il movimento (soprattutto per celle sotto tramogge o piattaforme a cui cade prodotto). In ambienti molto sporchi, può essere utile aggiungere soffietti o coperture attorno alla cella per proteggerla. Se la cella ha parti mobili (ad esempio nelle celle pneumatiche i regolatori, o nelle celle a colonna i piattelli oscillanti) assicurarsi che siano lubrificate e funzionanti. Prevenzione guasti: alcuni sistemi avanzati monitorano continuamente la deriva del segnale a vuoto e altri parametri per anticipare rotture – ad esempio avvisando se una cella inizia a dare segnali instabili (indice di possibile difetto). Valutare tali sistemi se un fermo improvviso sarebbe critico. In definitiva, scegliere celle di qualità da produttori affidabili, seguire le linee guida di installazione e prevedere un programma di manutenzione/calibrazione regolare sono tutte azioni che massimizzano la durata e l’accuratezza nel tempo del sistema di pesatura.

Errori comuni da evitare

Anche con una buona selezione e dimensionamento, vi sono diversi errori comuni che possono compromettere le prestazioni di una cella di carico o ridurne la vita utile. Ecco i più frequenti e come prevenirli:

  • Installazione meccanica scorretta (disallineamenti): uno degli errori più diffusi è montare la cella senza rispettare le condizioni di installazione raccomandate, causando carichi non assiali. Se la forza non viene applicata esattamente lungo l’asse previsto (indicato dalla freccia o dal lato attivo della cella), si introducono momenti flettenti e torsioni parassite nel sensore. Ciò porta a misure errate e può danneggiare la cella. Ad esempio, bullonare una cella a compressione su superfici non perfettamente parallele o non in bolla causa un precarico eccentrico. Oppure stringere eccessivamente vincoli meccanici può impedire la libera deformazione della cella (il telaio che “morde” la cella diventa esso stesso parte elastica, falsando la lettura). È fondamentale allineare con cura la cella: le superfici di appoggio devono essere piane e parallele, va rispettata la direzione di carico indicata dal costruttore, ed eventuali elementi oscillanti (sferette, piedini) vanno montati come da specifiche. Utilizzare i kit di montaggio forniti (piastre di carico, giunti sferici, vincoli antirotazione) semplifica il corretto allineamento e consente alla cella di lavorare solo nella direzione voluta, evitando carichi laterali o momenti. In sintesi: il percorso del carico deve attraversare la cella il più direttamente possibile, senza ostruzioni o rigidità eccessive nel montaggio.
  • Errato cablaggio elettrico e schermatura: il collegamento delle celle di carico richiede attenzione a cavi e connessioni. Un errore tipico è scambiare o collegare male i fili (es. invertire segnali +SIG/-SIG con alimentazioni +EXC/-EXC) – ciò può comportare letture negative, instabili o addirittura bruciare l’estensimetro se applicata tensione ai punti sbagliati. Occorre seguire lo schema colori del produttore (generalmente rosso+ e nero- per l’eccitazione, verde+ e bianco- per il segnale, più eventuali blu/marrone per i Sense). Giunzioni e connettori devono essere saldati o serrati correttamente: un falso contatto o un cavo parzialmente interrotto introduce resistenze aggiuntive e rumore, causando drift e letture altalenanti. Un altro aspetto è la corretta messa a terra di schermature e struttura: la calza del cavo andrebbe collegata a terra da un solo lato (di solito lato indicatore) per drenare i disturbi senza creare loop di massa. Non collegare la schermatura a entrambi i capi perché si potrebbero innescare correnti parassite. I cavi delle celle devono essere instradati lontano da fonti di interferenza: non far passare il cavetto della cella nella stessa canalina di cavi di potenza, motori o inverter. Se ciò è inevitabile, usare cavi con doppia schermatura e magari condotti metallici separati. Inoltre evitare di accorciare o allungare arbitrariamente i cavi senza valutare la resistenza: in celle a 4 fili, allungare molto il cavo aumenta l’impedenza e può introdurre errori, andrebbe usato cavo identico e rifatta la calibrazione o passare a 6 fili. Connettori esposti all’ambiente vanno scelti di tipo stagno e corrosione-resistente; controllarli periodicamente per ossido o allentamenti. Un cablaggio scorretto o degradato è spesso la causa nascosta di pesate instabili: tenere i cavi in ordine, fissati (per evitare trazioni sui collegamenti) e sani è una buona pratica di manutenzione.
  • Sovraccarico eccessivo della cella: applicare alla cella un carico superiore al suo fondo scala nominale è uno degli errori più gravi, che può portare a danno permanente. Il sovraccarico può avvenire per scelta errata della cella (capacità troppo bassa per l’uso) o per eventi accidentali (urti, picchi di peso). In entrambi i casi, superare il limite elastico del sensore causa una deformazione plastica: la cella “si scarica” ma non torna più allo zero corretto, perdendo taratura e linearità. Ad esempio, una cella da 5 t a cui vengono applicate 10 t molto probabilmente riporterà uno zero spostato e non misurerà più accuratamente nemmeno sotto 5 t. La prevenzione consiste nel dimensionare con margine (come discusso nei fattori di scelta) e prevedere meccanismi di protezione. Questi possono includere: finecorsa meccanici che limitano fisicamente lo schiacciamento oltre una certa deflessione; arresti di sicurezza o cavi di backup che, in caso di rottura della cella, prendano in carico il peso evitando cadute catastrofiche. In impianti con rischio di sovraccarico frequente, valutare celle con alto “safe overload” (spesso espresso come % del FS che la cella regge senza danni, es. 150% o 200%). È importante anche evitare carichi d’urto: se prevedibili, inserire elementi elastici o celle di capacità superiore. Da ricordare che il sovraccarico non danneggia solo la cella ma può anche provocare rischi di sicurezza (crollo della struttura di pesatura), quindi evitare sempre di eccedere la portata nominale. In caso di sovraccarico accidentale, conviene verificare la cella (controllare se lo zero è sfasato o se la linearità è compromessa) e ricalibrarla o sostituirla se necessario.
  • Errori nella gestione del segnale e della calibrazione: questa categoria include diversi passi falsi legati alla taratura e all’uso del sistema di pesatura. Un errore comune è non effettuare la calibrazione dopo l’installazione o sostituzione di una cella, presumendo che la cella “esca di fabbrica già calibrata”. In realtà, come detto, ogni installazione è unica: occorre sempre calibrare sul posto con pesi campione per garantire accuratezza. Un altro errore è ignorare l’equalizzazione in sistemi a più celle analogiche: collegare insieme quattro celle senza bilanciarne le uscite può portare a errori notevoli se, ad esempio, un angolo della piattaforma ha una risposta leggermente diversa. La procedura corretta prevede di usare una cassetta di giunzione con trimmer di equalizzazione o di calibrare individualmente le celle con shunt resistivi per uniformarle. Nel caso di sostituzione di una cella guasta in un sistema multicella, è sbagliato cambiarla e non ricalibrare almeno il bilanciamento: anche celle dello stesso modello hanno tolleranze che richiedono aggiustamenti. Sul fronte strumentazione, a volte si riscontrano errori nell’impostazione dell’indicatore/PLC: ad esempio usare un range di ingresso errato (che manda in saturazione il segnale), oppure non impostare i filtri digitali adeguati e fraintendere normali piccole oscillazioni come instabilità inaccettabile. È importante configurare correttamente il dispositivo di lettura: valore di fondo scala in mV/V o in digital counts se celle digitali, applicare il valore di calibrazione fornito dal produttore (spesso indicato in mV/V a pieno carico), attivare le compensazioni di temperatura/creep se disponibili, e impostare un opportuno filtro di smorzamento se la pesata è soggetta a vibrazioni. Un altro errore è non azzerare (tare) il sistema dopo l’installazione o prima di una pesata: il punto zero può cambiare leggermente con la temperatura o l’assestamento della struttura, quindi fare lo zero a vuoto prima di iniziare garantisce misure corrette. Infine, ignorare segni di deriva o errori è una gestione sbagliata: ad esempio, se ci si accorge che a vuoto la bilancia segna qualche divisione, non andrebbe semplicemente azzerata di continuo senza investigarnee la causa – potrebbe essere un sintomo di un problema (umidità nella cella, cavo danneggiato, sovraccarico subito) che va risolto alla radice.
  • Interferenze elettromagnetiche e di terra: come accennato, uno degli “errori invisibili” è non curare l’aspetto delle interferenze elettriche. Ciò include la mancata schermatura di cavi in ambienti rumorosi, la creazione di loop di massa collegando male le terre, o l’installazione di celle analogiche in prossimità di forti fonti EMI senza protezioni. I sintomi tipici sono letture fluttuanti o instabili, che spesso vengono attribuite (erroneamente) a difetti della cella, mentre in realtà sono dovute a disturbi esterni. Un esempio classico: bilancia vicino a un grande motore che quando parte fa “impazzire” la lettura. In queste situazioni, l’errore è non agire sulle cause: si dovrebbe migliorare la schermatura, aggiungere ferriti sui cavi, separare il percorso dei cavi segnale da quelli di potenza, e assicurarsi che tutte le masse dell’impianto siano collegate a un potenziale comune per evitare differenze di terra. Un altro aspetto è la protezione da scariche elettriche: ambienti con cariche elettrostatiche o fulmini (es. celle su silos all’aperto) possono vedere elevate differenze di potenziale attraverso le celle. Senza adeguata messa a terra e protezioni (scaricatori, gabbie di Faraday), una scarica può bruciare gli strain gauge. Montare linee di terra robuste su tutte le strutture pesate e magari collegare a terra anche il corpo metallico della cella (se previsto dal costruttore) aiuta a prevenire danni. In sostanza, trascurare le interferenze elettriche è un errore perché falsifica i dati senza segni evidenti: sempre meglio abbondare in precauzioni EMC in fase di installazione che dover rincorrere problemi random poi.
  • Vibrazioni e oscillazioni meccaniche: infine, un errore frequente è non tenere conto di vibrazioni ambientali o movimenti della struttura nel progetto del sistema di pesatura. Ciò porta magari a cercare di “tarare via” oscillazioni che invece sono fisiche. Ad esempio, montare celle di carico sotto una tramoggia agganciata a un miscelatore vibrante senza isolatori porterà a letture rumorose e imprevedibili. L’errore in questo caso è non utilizzare elementi antivibranti o non applicare filtri di peso. Ogni cella ha una frequenza naturale e può amplificare vibrazioni se eccitata vicino a quella frequenza, quindi meccanicamente conviene smorzare le oscillazioni con tamponi, supporti elastomerici o altri accorgimenti. Un altro scenario: celle sotto un serbatoio alto e flessibile possono far oscillare il peso se il liquido ondeggia – bisogna in tal caso implementare un filtro di stabilizzazione che media il peso su qualche secondo. Anche colpi e urti ripetuti (ad esempio scarico di materiale a colpi) possono indurre sollecitazioni cicliche: se non si è valutata la fatica meccanica, la cella potrebbe rompersi prematuramente. L’errore è non scegliere una cella con adeguata resistenza a fatica in queste situazioni (esistono celle specifiche per carichi ciclici elevati). In sintesi, ignorare le vibrazioni e i movimenti porta a sistemi di pesatura instabili e componenti che si allentano/rompono col tempo (viti che si svitano, celle che si crepano). La soluzione è: isolamento meccanico dove possibile, utilizzo di celle insensibili ai carichi laterali, filtraggio del segnale via software e controlli regolari dell’installazione (serraggi, integrità) per assicurarsi che le vibrazioni non abbiano degradato nulla col tempo.

Applicazioni in ambienti industriali pesanti (settore siderurgico)

Le celle di carico trovano impiego anche in ambienti industriali estremamente gravosi, come acciaierie, fonderie e cementifici, dove le condizioni operative mettono a dura prova i sensori. In particolare, il settore siderurgico presenta sfide uniche per i sistemi di pesatura a causa di temperature elevate, carichi molto elevati, forti interferenze elettromagnetiche e necessità di robustezza strutturale. Vediamo alcuni aspetti chiave e soluzioni adottate in questi ambienti:

  • Temperature estreme: negli impianti siderurgici, le celle di carico possono trovarsi vicino a forni, colate di metallo fuso o bramme incandescenti. Le temperature ambientali possono superare di gran lunga i limiti delle celle standard (spesso attorno a 60-80°C). Per queste situazioni si impiegano celle speciali per alte temperature, costruite con materiali e adesivi resistenti. Ad esempio, esistono celle in acciaio inox con estensimetri al silicio o al quarzo capaci di operare oltre i 200°C, oppure si adottano accorgimenti come prolunghe meccaniche (per tenere la cella lontana dal punto caldo) e schermature termiche. Un esempio è la cella CMH HT utilizzata per pesare siviere di metallo liquido: è costruita in acciaio inox, progettata per ambienti ad alta temperatura e può lavorare su supporti di forni e cisterne bollenti. Anche le celle idrauliche trovano spazio in questi contesti, poiché l’assenza di componenti elettronici le rende meno sensibili al calore radiante (entro certi limiti del fluido). In generale, è fondamentale proteggere le celle dal calore diretto tramite schermi refrattari, flussi d’aria di raffreddamento o isolamento, e scegliere modelli certificati HT (High Temperature).
  • Carichi elevatissimi e strutture massicce: nel mondo dell’acciaio si pesano spesso oggetti di decine o centinaia di tonnellate – ad esempio bobine di lamiera, fasci di barre, cariche di forni o interi carri ferroviari. Qui si utilizzano celle di carico di grande capacità, tipicamente celle a colonna o a torsione ad anello per la loro robustezza e insensibilità a carichi fuori asse. Queste celle sono costruite in acciai speciali forgiati ad alta resistenza, costituendo l’elemento più robusto della catena di misura. Possono supportare singolarmente decine di tonnellate mantenendo accuratezza di classe commerciale (C3 o C4) e offrendo un alto grado di sicurezza. Ad esempio, per una piattaforma pesa-billette in acciaieria si potrebbero impiegare 6 celle a colonna da 30 ton ciascuna, in acciaio legato nichelato o inox, certificate OIML C3: una configurazione in grado di pesare oltre 100 ton con divisioni di 20 kg e tollerare carichi d’urto elevati. Un aspetto importante è la struttura di montaggio: in ambienti siderurgici le strutture di pesatura sono massicce (es. plinti in cemento armato, grosse travi d’acciaio) ma devono comunque consentire alla cella di deformarsi. Per questo si impiegano celle con kit di montaggio robusti dotati di piastre sferiche (per compensare dilatazioni) e vincoli anti-scorrimento per gestire, ad esempio, dilatazioni termiche del pavimento o vibrazioni da macchinari pesanti. Spesso le celle sono montate in “culle” o supporti protetti, che le isolano parzialmente dai parassiti meccanici mantenendo la sicurezza.
  • Interferenze elettromagnetiche e rumore industriale: le acciaierie ospitano alcuni tra i disturbi elettrici più intensi in ambito industriale – basti pensare ai forni ad arco (che generano enormi transienti di corrente), agli impianti di saldatura, ai grandi motori e azionamenti. Un cavo di cella di carico analogico che passi vicino a questi conduttori capterà inevitabilmente disturbi, che possono sovrapporsi al segnale di pochi millivolt rendendo impossibile una lettura stabile. Per questo, nelle installazioni siderurgiche moderne si tende a utilizzare celle digitali o sistemi telemetrici. Ad esempio, Mettler-Toledo produce celle digitali specifiche (linea POWERCELL) per pese a ponte industriali, con cavi schermati e protocolli robusti per resistere a forti interferenze, segnalando eventuali errori di comunicazione. Un’altra soluzione innovativa è l’uso di celle di carico a fibra ottica, che stanno guadagnando terreno proprio in contesti di EMI estremo: sfruttando reticoli di Bragg su fibra, misurano la deformazione senza alcuna conduzione elettrica, risultando totalmente immuni a RFI/EMI e intrinsecamente sicure ad alte temperature. Questi sensori ottici, ancora di nicchia, promettono di essere ideali ad esempio per misurare tensioni su tiranti di impianti di sollevamento in acciaieria o il carico su cavi di linee elettriche ad alta tensione esposti a campi magnetici intensi. Nell’immediato, però, la soluzione più pratica resta: cavi corti e ben schermati, elettronica di amplificazione il più vicino possibile alla cella (o cella digitale integrata) e magari trasmissione in fibra o wireless fuori dalla zona disturbata. Non di rado, per pese ponte interne a stabilimenti siderurgici, l’indicatore di peso viene collocato a decine di metri di distanza in una sala controllo lontana dai grossi impianti, e i cavi passano in condotti metallici separati con messa a terra continua.
  • Sollecitazioni meccaniche aggiuntive: negli stabilimenti siderurgici, oltre al peso statico, le celle possono dover sopportare sollecitazioni dinamiche notevoli: vibrazioni da laminatoi, colpi dovuti a materiali gettati, movimenti termici delle strutture. Ad esempio, durante la laminazione di bramme d’acciaio, i rulli di trasporto vibrano e possono trasmettere vibrazioni ai sistemi di pesatura inseriti nella linea. Per gestire ciò, le celle impiegate sono spesso sovradimensionate oltre il normale, scegliendo modelli con alto shock rating e fatica. Le celle a torsione ad anello citate prima sono molto apprezzate in questo senso perché la loro costruzione a disco le rende quasi insensibili a vibrazioni laterali e carichi disallineati. Anche i supporti meccanici includono dispositivi di smorzamento: ad esempio, pad in neoprene o acciaio-gomma tra la cella e la struttura, che filtrano le alte frequenze. In alcuni casi estremi, si arriva a isolare l’intero basamento pesometrico con ammortizzatori (sacrificando un po’ di tempo di assestamento per avere letture stabili). Un’altra sfida meccanica è la dilatazione termica delle strutture di pesatura in acciaieria: i basamenti in acciaio di forni e siviere si dilatano e contraggono con la temperatura, potendo indurre forze laterali sulle celle. Qui occorre garantire libertà di movimento: celle a compressione montate con coppe sferiche o pendoli che compensino gli spostamenti termici, oppure struttura progettata con punti fissi e punti scorrevoli. In un ambiente così duro, le celle di carico vanno quasi considerate parte strutturale dell’impianto: si preferiscono modelli estremamente robusti, in acciaio inox forgiato, spesso sovradimensionati, e dotati di accessori di montaggio che ne proteggano l’incolumità. È inoltre cruciale poter isolare facilmente una cella difettosa per la sostituzione: in un impianto continuo come l’acciaieria, fermare la produzione per cambiare una cella è costosissimo. Perciò, ad esempio, nelle pese ladle (siviere) le celle sono installate in configurazioni ridondanti o con possibilità di inserire blocchi meccanici temporanei che bypassano la cella guasta permettendo di continuare ad operare fino alla manutenzione programmata.
  • Esempi applicativi: alcune applicazioni tipiche di celle di carico nel settore siderurgico includono: bilance a ponte ferroviarie o stradali per materie prime e prodotti finiti (ad es. coil di acciaio) – richiedono celle ad alta portata (30-50t cad) e alta affidabilità; sistemi di dosaggio materiali in forno (bilance batch per rottame, calcare, ferroleghe) dove celle a compressione robuste pesano tramogge caricatrici in ambienti polverosi e caldi; monitoraggio di tensione in cavi e tiranti (ad es. tensione delle funi di sollevamento di bramme o billette) usando celle a perno o a S di elevata portata; controllo di livello/peso di siviera: installando celle (tipicamente a compressione in configurazione a 3 o 4 punti) sotto le piattaforme che sorreggono i contenitori di metallo fuso, per sapere quanta ghisa o acciaio liquido è presente e dosare gli additivi – queste celle devono resistere a calore radiante, quindi spesso sono protette da scudi termici e calibrate per lavorare ad alta temperatura; linee di taglio o laminazione: celle per misurare il peso di traino di lamiere o per tensionare le bobine (spesso celle a forcella o a pedale integrate nelle macchine). Un altro esempio interessante è l’uso di celle di carico in cuscinetti dei laminatoi: alcuni laminatoi moderni incorporano sensori (estensimetri o piezoelettrici) nelle sedi dei cuscinetti per misurare la forza di laminazione (diverse MN) in tempo reale, permettendo di controllare lo spessore del laminato. In conclusione, nelle applicazioni siderurgiche le celle di carico devono essere considerate dispositivi di categoria “heavy-duty”, selezionati con criteri di abbondante sicurezza, materiali top (acciai speciali) e spesso dotati di certificazioni aggiuntive (es. certificati di prova a fatica, certificate di taratura in classe elevata, omologazioni per alta temperatura, ecc.). Il beneficio economico di tali accorgimenti sta nella continuità operativa: un sistema di pesatura ben progettato in acciaieria riduce i fermi, migliora la qualità del prodotto (dosaggi corretti) e dura molti anni nonostante l’ambiente ostile.

Vantaggi e svantaggi delle diverse tipologie

In conclusione, è utile riassumere i pro e contro comparativi delle principali tipologie di celle di carico discusse, per evidenziare i benefici economici e funzionali di ciascuna:

  • Celle estensimetriche analogiche: Vantaggi: elevata precisione e linearità (errori anche sotto 0,1% FS) con possibilità di scegliere classi metrologiche alte; disponibilità in moltissimi formati e capacità (da pochi grammi a centinaia di tonnellate) per adattarsi a qualsiasi applicazione; costo unitario relativamente basso rispetto ad altre tecnologie, soprattutto per celle di media portata; interscambiabilità e standardizzazione – uscite in mV/V simili permettono di combinare celle e indicatori di diversi produttori; risposta veloce, adatta anche a pesatura dinamica rapida. Svantaggi: il segnale analogico è debole e suscettibile al rumore, richiedendo cavi corti e ben schermati e talvolta amplificatori dedicati; la necessità di un’elettronica di condizionamento esterna aggiunge complessità (es. giunzioni, calibratori); sensibilità a fattori ambientali – temperatura, umidità – mitigata da compensazioni ma comunque presente (occorre non uscire dai range specificati per non degradare la precisione); sovraccarichi e urti possono danneggiarle in modo irreversibile se non protette; richiedono calibrazione in loco e periodica per mantenere l’accuratezza. In sintesi, le celle analogiche tradizionali offrono il miglior rapporto precisione/costo nella maggior parte delle applicazioni standard, ma richiedono cure nell’installazione (buona pratica EMC, meccanica accurata) per dare il meglio.
  • Celle estensimetriche digitali: Vantaggi: segnale di uscita digitale robusto, immune a interferenze e degradazione su lunghe distanze – questo riduce potenzialmente i costi di cablaggio e migliora l’affidabilità in ambienti difficili; maggiore risoluzione e possibilità di autocalibrazione/compensazione interna (alcuni modelli correggono digitalmente deriva termica, creep, ecc., fornendo una stabilità e accuratezza a lungo termine migliori); funzionalità di diagnostica integrata – monitoraggio dello stato di ogni cella, identificazione immediata di celle guaste, codici di errore leggibili da PLC, storico eventi – che velocizzano la manutenzione e riducono i fermi; facilità di integrazione in sistemi di automazione/Industry 4.0 tramite interfacce standard (protocolli fieldbus, connessione diretta a PLC) – ogni cella può essere un nodo smart in rete; semplificazione dell’equalizzazione in sistemi multicella (niente trimmer manuali) e possibilità di taratura da remoto in alcuni casi. Svantaggi: costo più elevato per cella (dal +20% fino al doppio rispetto alle analoghe, a seconda di marca e funzioni); maggiore complessità nella configurazione iniziale (assegnazione indirizzi, setup rete digitale) e necessità di strumenti/indicatori compatibili con il protocollo usato; minore interoperabilità – spesso si preferisce rimanere su un unico fornitore per celle digitali e indicatori per evitare problemi di compatibilità; alimentazione dei sensori: in un sistema a 10 celle digitali, ciascuna richiede qualche decina di mA per l’elettronica, quindi bisogna assicurare un alimentatore adeguato, diversamente dalle analogiche che “dividono” semplicemente la corrente di eccitazione; infine, l’elettronica a bordo sensore può limitare l’uso in ambienti estremi (temperature altissime, radiazioni) se non specificamente progettata. In sintesi, le celle digitali offrono prestazioni e funzionalità avanzate che possono tradursi in risparmi di esercizio (meno fermi, automazione spinta) – sono quindi ideali in impianti grandi e critici, mentre per applicazioni semplici il costo extra e la relativa complessità potrebbero non giustificarsi.
  • Celle di carico idrauliche: Vantaggi: robustezza eccezionale e lunga vita in ambienti difficili – tollerano sovraccarichi, urti, vibrazioni e ampie oscillazioni termiche senza perdere taratura rapidamente; nessun segnale elettrico coinvolto localmente, quindi intrinsecamente sicure in atmosfere esplosive e completamente immuni a qualunque disturbo elettromagnetico; non richiedono alimentazione né dispositivi elettronici in loco, utili per installazioni remote o mobili; possibilità di raggiungere portate elevatissime aggregando la lettura di più celle idrauliche (con totalizzatori idraulici) – esistono applicazioni fino a migliaia di tonnellate; manutenzione relativamente semplice: finché il sistema è a tenuta, non ci sono circuiti da verificare, solo controllare eventuali perdite e lo zero periodicamente; insensibilità (entro limiti) a condizioni climatiche esterne – una cella idraulica ben costruita funziona da -40°C a +60°C senza grossi problemi, perché la variazione di densità fluido è compensata dall’equilibrio di forze in modo passivo. Svantaggi: precisione e risoluzione inferiori rispetto alle celle estensimetriche – tipicamente ~0,25% FS, difficilmente meglio, quindi non adatte a pesate di alta precisione; tempo di risposta più lento, inadatte per misure dinamiche o per dosaggi rapidi (la parola “idraulico” implica inerzie maggiori rispetto a segnali elettrici); richiedono tubazioni e spesso un indicatore di pressione dedicato, con possibili punti di perdita – la manutenzione sebbene semplice può essere più frequente (controllo livelli olio, sostituzione guarnizioni); l’effetto temperatura, pur attenuato rispetto agli strain gauge, c’è: variazioni estreme di temperatura ambiente possono cambiare la viscosità del fluido o la taratura del manometro, richiedendo ricalibrazione; la presenza di fluido pone questioni di pulizia: in industrie alimentari o farmaceutiche, una cella idraulica che perdesse olio sarebbe un contaminante, quindi spesso lì non sono preferite (meglio pneumatiche o elettriche inox); non adatte a misurare trazione (architettura prevalentemente per compressione). In breve, le celle idrauliche convincono per robustezza e sicurezza in ambienti gravosi o isolati, ma vanno scelte con la consapevolezza del loro limite in accuratezza e rapidità.
  • Celle di carico pneumatiche: Vantaggi: totalmente antideflagranti e adatte ad ambienti dove qualunque scintilla o surriscaldamento va evitato – sono spesso l’unica scelta in impianti con gas infiammabili o polveri molto volatili; ottima compatibilità con ambienti che richiedono estrema pulizia (alimentare, camere bianche) poiché non contengono liquidi o sostanze contaminanti e spesso sono realizzate in materiali inerti; insensibili a temperature moderate: differenze di ±10°C influiscono pochissimo sulla misura perché il gas cambia volume ma il sistema di regolazione compensa, e non c’è l’errore termico di uno strain gauge; hanno un effetto di smorzamento naturale dovuto alle camere e ristrettezze che filtrano rumori e vibrazioni – per pesate molto fluttuanti (es. liquidi agitati) l’uscita pneumatica risulta più stabilizzata; manutenzione semplice: in assenza di parti elettriche, l’unico intervento è assicurare aria pulita e asciutta (filtri) e controllare periodicamente le valvole. Svantaggi: accuratezza relativamente bassa rispetto ad altre celle – raggiungere 0,1% FS è già impegnativo, più comune 0,5% o 1%, quindi non per misure fini; dipendenza da un impianto d’aria: senza alimentazione pneumatica la cella non funziona, quindi c’è un’infrastruttura necessaria (compressore, linea, serbatoio) che aggiunge costi e potenziali guasti; risposta lenta – inadatte a pesare oggetti in movimento o a seguire variazioni rapide, perché il sistema di equilibrio impiega frazioni di secondo o secondi per stabilizzarsi; gamma di portate limitata: per pesare grandi quantità occorrerebbero pressioni e flussi difficili da gestire, quindi le pneumatiche si usano tipicamente sotto qualche migliaio di kg; sensibilità a condizioni ambientali: devono avere aria priva di polveri e umidità (i granelli possono bloccare gli ugelli, l’acqua può condensare e falsare la pressione), quindi in ambienti sporchi richiedono filtri ben mantenuti; infine, come per le idrauliche, poco adatte a misurare trazioni o forze bidirezionali. In sintesi, le celle pneumatiche sono di nicchia, scelte quando la priorità assoluta è la sicurezza intrinseca e la pulizia, e si è disposti a sacrificare precisione e semplicità di impianto per ottenere queste caratteristiche.
  • Tecnologie innovative (fibra ottica, piezoelettriche): Vantaggi: le celle a fibra ottica e altri sensori di nuova generazione offrono prospettive interessanti: immunità totale a EMI/RFI e possibilità di operare a temperature molto alte (la fibra di vetro resiste dove l’elettronica no); sono intrinsecamente sicure (nessuna corrente, nessuna scintilla) e possono essere miniaturizzate inserendole ad esempio in bulloni o perni senza alterarne la resistenza meccanica. Alcune sono già disponibili in commercio e promettono misure stabili in ambienti impossibili per le celle tradizionali, ad esempio monitorare in continuo il carico su linee elettriche all’aperto sotto neve/vento. I sensori piezoelettrici (quarzi) invece hanno vantaggi di risposta ultra-veloce e altissima sensibilità, utili per misure di forze impulsive o vibrazioni dove le celle estensimetriche non arrivano. Svantaggi: queste tecnologie non sono ancora diffuse in pesatura industriale convenzionale; i costi sono elevati e la catena di misura richiede strumenti specializzati (es. interrogatori ottici per FBG, amplificatori di carica per piezoelettrici). Inoltre le celle a fibra ottica soffrono se devono misurare completamente statico (alcune tecniche leggono variazioni, non valori assoluti costanti nel tempo), mentre i sensori piezoelettrici non sono adatti a misure statiche di peso perché il segnale tende a decadere se il carico è mantenuto costante. Dunque per ora sono complementari più che sostitutivi: usati per monitoraggi speciali o misure dinamiche, ma non adatti come rimpiazzo 1:1 di una cella estensimetrica nel 90% dei sistemi di pesatura.

In definitiva, la scelta della cella di carico migliore dipende da un bilanciamento tra requisiti metrologici, ambientali ed economici. Le tabelle comparative dei produttori (come quella di Omega Engineering) riassumono bene come le celle analogiche offrano semplicità ed economicità, mentre quelle digitali danno prestazioni top a costi maggiori; le idrauliche/pneumatiche garantiscono sicurezza in ambienti estremi ma a scapito di precisione e praticità. Un’azienda dovrebbe valutare: quanto è importante ogni aspetto (accuratezza, velocità di risposta, robustezza, costo iniziale, costo di fermo impianto) e, sulla base di ciò, selezionare la tecnologia di cella più adatta. In molti casi la cella estensimetrica classica rimane la soluzione ottimale grazie al suo straordinario equilibrio di performance e costo, ma come abbiamo visto esistono alternative preziose per esigenze speciali. L’importante è essere consapevoli di questi trade-off e progettare il sistema di pesatura in modo olistico, tenendo conto di sensori, struttura meccanica ed elettronica di lettura come un tutt’uno integrato. In questo modo, indipendentemente dalla tipologia di cella scelta, si potrà ottenere un impianto di pesatura affidabile, accurato e duraturo, con benefici sia funzionali che economici nel lungo termine.

Published On: Luglio 18th, 2025 / Views: 16 / 50,1 min read / 0 Comments on Tipologie di celle di carico /
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